Igiene ambientale, a Pisa difendere la salute di lavoratori e cittadinanza è un reato? Per ATI evidentemente sì. Chiediamo l’immediato ritiro dei provvedimenti disciplinari
USB dall’inizio dell’emergenza sanitaria sta operando su più fronti per la tutela della sicurezza dei lavoratori e perché vengano seguite tutte le procedure per evitare il contagio da Covid19.
In queste ultime settimane di pandemia abbiamo denunciato, sulla base delle segnalazioni dei delegati di posto di lavoro in tutta Italia, il rischio elevato di contagio in cui incorrono i lavoratori di dell’igiene ambientale, attraverso una nota dettagliata inviata a governo e Ministero della Salute. Del resto le stesse associazioni datoriali del settore hanno ammesso di essere in difficoltà, rivolgendosi al governo, quasi a volersi lavare le mani in caso di responsabilità civili e penali!
Nella nota abbiamo evidenziato come gli operatori ecologici stiano raccogliendo rifiuti cosiddetti "pericolosi" in quanto contaminati dal virus, anche prelevandoli direttamente dalle case e dai condomini dove risiedono le persone in quarantena. Rifiuti che andrebbero trattati come quelli ospedalieri e pertanto smaltiti dalle Asl, ma che al contrario vengono impunemente lasciati nelle mani dei lavoratori, spesso costretti a lavorare senza neppure le mascherine e i guanti di protezione monouso obbligatori. Né sono state messe in atto le adeguate misure di contenimento del rischio in merito alla sanificazione degli immobili e soprattutto dei mezzi e degli ambienti comuni.
USB Pisa ha inviato più volte alle aziende locali che si occupano della raccolta differenziata, ATI compresa, un vademecum sulle protezioni individuali da fornire ai lavoratori e sulle procedure da applicare. A fronte del mancato adempimento delle regole previste i lavoratori dell’azienda ATI il 23 marzo si sono fermati, nell’attesa che l’azienda fornisse loro i DPI previsti.
In questi giorni gli stessi lavoratori si sono visti recapitare dall’azienda un provvedimento disciplinare, grave e accusatorio di interruzione di pubblico servizio.
È dunque questa la risposta di chi dirige un servizio pubblico essenziale a fronte del fatto che, legittimamente, i lavoratori si sono rifiutati di mettere a rischio la loro salute e quella dell’intera comunità, seguendo le prescrizioni governative che indicano come unica soluzione al dilagare del virus la diffusione del contagio attraverso precise prescrizioni.
USB ricorda all’ATI che l’astensione dal lavoro è stata causata dalla mancanza del rispetto da parte dell'azienda stessa delle disposizioni ministeriali e regionali (in particolare: DPR 254/2003 art15; circolare del ministero della salute No5443 e del rapporto ISS COVID-19 no3 del 14/03). Facciamo inoltre presente che le condizioni nelle quali erano tenuti a operare i lavoratori, erano assolutamente inidonee a preservare la salute degli operai e violavano le prescrizioni emesse dalla Presidenza del Consiglio in tema di contrasto al contagio da coronavirus. In questi termini si è già espressa, in tempi non sospetti, anche la giurisprudenza di legittimità, con la nota sentenza 836/2016, proprio ex art. 1460 c.c., che sancisce il diritto del lavoratore di rifiutarsi temporaneamente di rendere la prestazione lavorativa in un ambiente pericoloso, eccependo l’inadempimento altrui e, al contempo, conservando il diritto alla retribuzione.
Ricordiamo infine che, l'art. 44 DLGS 81/2008 indica che è diritto del lavoratore sospendere immediatamente la prestazione a fronte di grave e imminente pericolo per la propria integrità fisica.
Considerata la "drammaticità" del rischio attuale di contagio da coronavirus, sulla base delle direttive prima citate, l’azienda è tenuta all'adozione delle misure di prevenzione-protezione "minime" rispetto al rischio di contagio sia tra lavoratori, da "materiale infetto" e verso la comunità tutta.
USB è costretta a ribadire quanto già ampiamente comunicato sottolineando che i lavoratori sono stati costretti a fermarsi per tutelare se stessi e la collettività perché qui è in gioco la salute pubblica.
Se l’ATI non ritirerà immediatamente i provvedimenti disciplinari ci riserviamo di promuovere nuove iniziative di lotta, di cui l’azienda si assumerà la responsabilità di fronte al committente, ai comuni interessati, ma soprattutto di fronte ai cittadini.
USB Federazione di Pisa